Dal 22 al 30 agosto sulle note de L’Altro Festival
Perugia torna a celebrare il 14 settembre 1860
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Venerdì 16 Maggio presso il Salone del Gonfalone della Regione Toscana si sono tenuti gli “Stati generali della bellezza” organizzati dall’assemblea delle Autonomie Locali Italiane, cui ha preso parte anche il Comune di Perugia, rappresentato dall’Assessore al turismo ed alla città storica Fabrizio Croce.
Focus dell’incontro l’enorme responsabilità che grava sulle città d’arte, alle prese con il precario equilibrio tra la loro bellezza, espressa da arte, storia, paesaggio, ed il turismo di massa: un peso che si deve bilanciare con il perseguimento dell’obiettivo di una regolazione sostenibile, per fare del turismo una leva di crescita economica e sociale.
Secondo l’Assessore, intervenuto, prima di autorevoli relatori come il Presidente Giani ed i Sindaci Gualtieri e Funaro, con una breve relazione che fotografa la situazione a livello locale: “Il tema tocca tanto la nostra regione quanto il capoluogo, forti di dati di crescita incoraggianti sul trend complessivo dei flussi turistici negli ultimi due anni, sul ritorno in percentuale significativa degli stranieri (americani in primis) e sull’aumento della permanenza media.
Dall’altro lato della medaglia, però, siamo in tangibile ritardo nella ricerca di strumenti che siano in grado di governare i fenomeni dell’overbooking stagionale e le distorsioni generate dalla liberalizzazione nei comparti del commercio e della ricettività.
I dati forniti di recente da Regione Umbria e Camera di Commercio ci dicono che, nel solo territorio comunale di Perugia, ha raggiunto un livello preoccupante la differenza numerica tra Alberghi o Residenze d’epoca (57) e la quantità esercizi extra-alberghieri e locazioni turistiche, il cui numero sfiora le 1000 unità, ma si presume molto superiore, se si considera una fisiologica percentuale di sommerso.
Divario tanto pronunciato da far dichiarare agli esperti di settore che, in Umbria, nel capoluogo in particolare, “l’effetto Air B’n’B è diventato strutturale”, ovvero che sempre più proprietari scelgono di destinare gli appartamenti al turismo, preferendo introiti più remunerativi, e garantiti dalle piattaforme del settore, alle trafile burocratiche ed ai rischi legali cui li espone l’affitto residenziale tradizionale.
Oggi, nonostante la città di tradizione universitaria invochi da anni un maggior numero di posti letto, molti proprietari, nel timore di perdere il controllo dell’immobile, spingono il prezzo richiesto fuori controllo per le possibilità contenute di studenti fuori sede, giovani coppie o lavoratori precari.
Il centro storico di Perugia, già impoverito di residenti negli ultimi quattro decenni, in conseguenza della forte spinta centrifuga figlia della sua stessa espansione urbanistica, ha gradualmente perso servizi fondamentali per alcune categorie di abitanti (famiglie e anziani in prima battuta), come certifica la scomparsa di intere categorie di negozi di prossimità, sistematicamente rimpiazzati da esercizi del comparto mangia-e-bevi.
Le sue aree meno plasmabili alle dinamiche della sfrenata trasformazione in atto (anche sul piano normativo, come ci insegna il recente “decreto Salvini”), anche quelle con antiche tradizioni nel commercio e nell’artigianato, hanno così visto storiche botteghe o negozi diventare abitazioni
Così la città sta assistendo, con le armi spuntate da una normativa troppo permissiva, al cambio di destinazione d’uso di immobili al piano strada, spesso poco areati ed illuminati, con risultati deleteri per l’immagine ed il decoro della città (tra cui rifiuti abbandonati in sfregio alle regole per la raccolta differenziata porta-a-porta).
La nostra città non ha saputo, nel recente passato, recepire i vorticosi cambiamenti cui era destinata, dotandosi di anticorpi e contromisure contro una liberalizzazione che, da conquista di inizio millennio, si è via via trasformata in aggressione al buon senso ed alla bellezza, tanto più se calata in contesti fragili e indifesi, come quelli di centri storici intrisi di arte e storia.
La graduale sostituzione del residente con il visitatore a tempo pare solo una panacea, per una città che non ha mai fatto del turismo la sua missione conclamata, nè ha mai avuto i flussi costanti tutto l’anno di turisti, come Roma, Venezia o Firenze, o la stessa Assisi, incontrastata regina di presenze in Umbria.
Se si assecondasse troppo questa dinamica, senza porvi rimedio, si correrebbe il rischio di avere strade e palazzi semivuoti per larghe parti dell’anno, con inevitabili ricadute sulla sicurezza, sulla qualità della vita e sul benessere sociale.
Il Comune di Firenze ha da poco approvato un nuovo Regolamento, che cerca di governare il fenomeno delle locazioni turistiche, nel solco di un coraggioso Testo Unico varato dalla Regione Toscana, introducendo un modello utile a fronteggiare il processo di mutamento in atto e che stiamo già iniziando a studiare.
Ora bisogna sperare che gli organi giurisdizionali (Corte Costituzionale e TAR di competenza) sappiano opporre contrappesi di legittimità al Governo in carica, che ha impugnato questi atti di autentica resistenza, in nome della libertà di impresa.
Nessuno sta negando dignità e diritti alle tante nuove forme di residenza extra-alberghiera, che ampliano l’offerta ricettiva, ma occorre una regolamentazione più equa e coerente. Se il numero degli alberghi è in qualche modo calmierato da criteri geografici e demografici, perché non può esserlo quello degli “affitti brevi”, ad esempio?
Se il proprietario di un immobile non si sente al sicuro dalle possibili derive di un contratto con uno studente o una famiglia, perché non si prova a ripensare le leggi che regolano il mercato delle locazioni, con strumenti di tutela ed incentivi ad affittare nelle forme tradizionali?
Se l’obiettivo delle nuove strategie di amministrazione di una città storica si incentra sul concetto di “turismo sostenibile”, la nuova ricettività deve metabolizzare i principi della “accoglienza consapevole”: in altre parole dobbiamo, come comunità, imparare a trasferire al turista le informazioni sugli usi della città che lo ospita (a cominciare dalle regole della raccolta differenziata) oltre che sulle sue bellezze.
Se vogliamo davvero rivendicare una vocazione turistica, dobbiamo addestrarci alle novità ed alle possibili distorsioni che il turismo 2.0 può provocare, dobbiamo dotarci di tutti gli strumenti per governarlo, imparando anche a difenderci dal “fuoco amico” della Corte dei Conti e delle norme vigenti, perché una città bella è, anzitutto, una città giusta e vivibile”.