Cittadinanza onoraria a Mirella Alloisio: parere unanime dalla commissione Affari istituzionali
La proposta di deliberazione consiliare è stata sottoscritta da tutti i gruppi. Si punta a un iter rapido per conferire a Alloisio l’ulteriore riconoscimento dopo l’iscrizione nell’albo d’oro del 2021
La prima commissione Affari istituzionali, presieduta da Antonio Donato, ha espresso parere favorevole unanime sul conferimento della cittadinanza onoraria a Mirella Alloisio. La proposta di deliberazione indirizzata al Consiglio comunale di Perugia, sottoscritta da tutti i gruppi, è stata discussa oggi (24 ottobre, ndr).
A illustrarla è stato Lorenzo Ermenegildi Zurlo (Pd), che ha parlato di un “atto dall’alto valore civile e morale” basato sull’articolo 8 dello statuto, laddove prevede che il Comune conceda la cittadinanza onoraria “a personalità italiane e straniere che abbiano acquisito meriti particolari nei confronti della città”.
Il consigliere si è soffermato sugli aspetti salienti della vita di Mirella Alloisio, a conferma che i “meriti” previsti dalla norma sono ravvisabili nella sua opera.
“Nata a Sestri Ponente (Genova) l’11 novembre 1925 – ha ricordato Zurlo – durante la guerra, da giovanissima, prende parte alla resistenza partigiana con i nomi di battaglia Olga, Marika e infine Rossella. Per l’alto contributo dato alla creazione della Repubblica italiana, dopo la guerra viene insignita della croce di guerra al valore militare. Nel 1952 arriva a Perugia dove crea la sua famiglia. Continua l’impegno civile nella nostra città e nella nostra regione tanto da essere eletta nella Provincia di Perugia, dove viene nominata assessora all’istruzione. Oggi è presidente onoraria di Anpi di Perugia, ma soprattutto un punto di riferimento per tutti coloro si riconoscono nei valori della Resistenza e della Repubblica. Con questo atto non ricordiamo solo la storia personale di Mirella Alloisio. Questo è un atto altissimo di gratitudine e di memoria”.
Gentili (Forza Italia), ripercorrendo la genesi della proposta nata dall’iniziativa dei colleghi della maggioranza, ha sottolineato l’immediata adesione anche dei consiglieri di minoranza, una sottoscrizione non casuale ma convinta. Il consigliere ha auspicato un iter il più possibile veloce ricordando che Alloisio ha sempre partecipato a importanti momenti pubblici, come le celebrazioni del 25 aprile, anche durante l’amministrazione Romizi e ha contribuito così a tenere vive memorie che riguardano tutti.
Il presidente Donato ha sottolineato il momento di alto profilo istituzionale, caratterizzato dall’unione di tutte le le forze politiche per tributare un giusto riconoscimento; Alloisio è infatti “tra le persone che ci permettono oggi di essere qui a discutere in maniera democratica e in uno Stato di diritto”.
Anche Lucia Maddoli (Orchestra per la Vittoria) ha confermato la sottoscrizione convinta dell’atto.
Il dirigente dell’Unità operativa Segreteria Organi istituzionali, Comunicazione e Partecipazione, Emilio Buchicchio, illustrando i motivi del parere di regolarità tecnica favorevole espresso sull’atto, ha ricordato che l’articolo 8 dello statuto comunale disciplina il conferimento delle due massime onorificenze del Comune di Perugia: l’albo d’oro e la cittadinanza onoraria. In entrambi i casi – ha spiegato il dirigente – la competenza al conferimento è propria del Consiglio comunale; le due fattispecie sono normate come diverse, ma non risultano alternative. Quindi, dopo l’iscrizione all’albo d’oro, avvenuta nel caso di Alloisio nel 2021, si può essere insigniti anche della cittadinanza onoraria. In entrambi i casi, inoltre, è richiesta da la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti l’aula inclusa la sindaca, cioè almeno 22 voti favorevoli.
Paolo Befani (FdI) ha auspicato che sul nuovo sito istituzionale sia reso facilmente rinvenibile l’elenco delle onorificenze conferite.
Questa la relazione allegata all’atto.
Mirella Alloisio nasce a Sestri Ponente (GE) l’11 novembre 1925 da una famiglia operaia e antifascista; il nonno era socialista e pacifista.
Durante la temporanea separazione dei genitori, si trasferisce a studiare in un collegio a Recco e torna a casa solo per le vacanze.
La sua vita scolastica è scandita dalle date delle imprese del fascismo: l’Africa, la Spagna e infine l’entrata in guerra dell’Italia a giugno del 1940.
Le città iniziano a essere pesantemente bombardate; anche se Sestri Ponente sembra essere risparmiata dalle incursioni, molti abitanti, inclusi i suoi zii e i suoi nonni, abbandonano la città per rifugiarsi in campagna.
Mirella con i suoi genitori, nel frattempo tornati a vivere insieme, resta in città. Nell’anno scolastico 1941/42 inizia a frequentare l’Istituto Magistrale San Tommaso D’Aquino, unica scuola d’istruzione superiore di Sestri Ponente.
Le insegnanti si uniformano maggiormente alle direttive del regime rispetto a quelle del collegio e così ricorda “purtroppo non eravamo abituate alla dialettica, assorbivamo senza approfondire, senza chiedere di andare oltre”. Intanto la guerra prosegue con i razionamenti dei generi alimentari e con le corse nei rifugi per il rischio dei bombardamenti; il suo rifugio è la cantina, puntellata con travi e con un cassone di legno riempito di sabbia davanti alla porta, cassone che servirà a molti del palazzo, impegnati nella Resistenza, per nascondere armi e manifestini.
Con la caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, la gente festeggia andando a caccia di simboli del regime da distruggere, scoprendo anche quante e quali scorte alimentari nascondevano i gerarchi fascisti quando in città la gente faceva la fame.
Attraverso un’amica conosce Germano Jori, un comunista che aveva viaggiato molto come cameriere di bordo e aveva trascorso qualche anno in carcere dove, a contatto con altri politici, aveva allargato la sua cultura: “con linguaggio semplice mi spiegava che si poteva costruire una società più giusta, in cui anche le donne avrebbero avuto uguali diritti”. Poi viene l’8 settembre, l’Armistizio, a cui seguono giorni di confusione e le fughe disperate dei soldati. Davanti a ogni stabilimento sostano i tedeschi in assetto di guerra e molti uomini vengono deportati.
A quel punto Mirella comprende che “la giovinezza era forzatamene finita, che niente era cambiato e che bisognava tutti fare qualcosa” e riprende i contatti con Jori. Inizia la sua attività nella Resistenza con il nome di battaglia “Olga”, si occupa della propaganda, impara a curare i feriti e a usare le armi.
L’organizzazione clandestina a Sestri va sempre più allargandosi e sorgono i GAP (Gruppi di Azione Patriottica) e molte SAP (Squadre d’Azione Patriottica), delle quali anche il padre di Mirella fa parte.
La rete dei GDD (Gruppi di Difesa della Donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà) si allarga e, a causa del tradimento di due ragazzi, Mirella è costretta a cambiare nome e diviene “Marika”.
La dirigente dei GDD della Liguria è “Elena” (Marcellina Oriani), nata a Cusano Milanino, antifascista di vecchia data, condannata dal Tribunale Speciale e incarcerata nel penitenziario di Perugia. Dopo la caduta del Fascismo, opera subito nella Resistenza lombarda; ricercata e minacciata di fucilazione viene trasferita a Genova.
È lei a decidere che Mirella deve occuparsi del materiale propagandistico e perciò una notte le porta un’enorme macchina da scrivere (all’epoca pericolosa perché tutto il materiale propagandistico era battuto a macchina e perciò la sua presenza insospettiva i fascisti che facevano le perquisizioni). All’inizio di luglio del 1944 “Elena” le dice che è arrivato il momento di affidarle un compito di maggiore responsabilità: dovrà far parte della Segreteria del Comitato di Liberazione Regionale, tenendo i collegamenti con i CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) periferici, con il gruppo degli intellettuali e con la segreteria del Comando militare.
Nell’inverno del 1944 un antifascista arrestato dalle Brigate Nere, non resistendo alle torture, fa il nome di “Marika”; quindi Mirella deve per la terza volta cambiare il nome di battaglia, che sarà “Rossella”.
Nel frattempo si iscrive alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Cà Foscari, sia perché fa parte dei suoi progetti di vita, ma anche perché pensa che possa servirle per giustificare i movimenti che la sua attività nella Resistenza richiedevano.
L’Italia del Sud viene liberata e giunge l’eco di cambiamenti radicali; in particolare a Mirella interessa il Comitato Pro Voto, nato a Roma nell’ottobre del ’44, grazie al quale le donne otterranno diritto di voto. La notizia dell’estensione di tale diritto alle donne giunge attraverso la stampa clandestina: in edizione ciclostilata viene infatti diffuso Noi Donne, organo dei GDD. É questo uno strumento importante di propaganda, di preparazione di scioperi e manifestazioni, grazie alle edizioni regionali che consentono un rapporto più diretto con le realtà locali. Di questo scritto in Liguria escono cinque numeri.
La Liberazione di Genova avviene il 26 aprile 1945 con la resa delle forze tedesche ai Volontari della Libertà. Le truppe americane entreranno in città il giorno seguente con sindaco, prefetto e questore già nominati e le strutture principali già funzionanti.
Mirella si ritiene una privilegiata per avere vissuto direttamente un momento eccezionale, forse unico nella storia, quello di vedere un esercito regolare che si arrende a un esercito di popolo: “Quei giorni, quelle ore li ho vissuti intensamente, con una emozione così forte che per molto tempo non ho potuto ricordarli, come per molto tempo non ho voluto parlare del periodo della Resistenza: pudore di sentimenti troppo forti? ricordi dolorosi di tanti giovani morti? Impegni troppo gravosi per la mia giovane età? Forse tutto un insieme di questi controversi sentimenti. Quello che è certo è che scriverne mi costa ancora molto”. Per la sua attività di partigiana viene insignita della Croce di Guerra al Valor Militare.
Dopo la Liberazione, Mirella si rende conto che proprio la pluralità di idee arricchisce la società e pertanto ritiene di dover scegliere e orientarsi verso un partito; si iscrive così al Partito Socialista di Unità Proletaria.
La politica viene da lei vissuta con spirito di servizio a favore della collettività, come preminenza del bene pubblico sugli interessi particolari, senza dimenticare mai i valori e l’urgenza morale. Rimarrà nel Partito Socialista fino al 1980. Si occupa anche dell’UDI (Unione Donne Italiane), l’organizzazione nata dai GDD, di cui è segretaria provinciale.
Nella prima metà del 1946 è impegnata per il Referendum istituzionale: il 2 giugno, infatti, si deve scegliere tra Monarchia e Repubblica e sulle donne pesa la diffidenza di tutti, in particolare della sinistra.
Le donne sono il 53%, quindi la maggioranza dell’elettorato, ed è la prima volta che votano. All’UDI si decide di sostenere la campagna per la Repubblica, con riunioni e dibattiti e con la pubblicazione di un numero di Noi Donne dove si spiega l’importanza della Repubblica e si presentano le candidate all’Assemblea Costituente. È l’occasione per la sua prima esperienza nel giornalismo.
Nel 1947 entra come impiegata alla SEPRAL (Sezione provinciale dell’alimentazione) e il 3 marzo del 1949 si laurea. Dal mese di ottobre inizia a insegnare francese alla Scuola di Avviamento Industriale maschile di Sampierdarena.
Nella primavera del 1951, alle elezioni amministrative riservate al nord del Paese, Mirella fa campagna elettorale, questa volta da candidata, accanto ai nomi più prestigiosi del socialismo genovese e risulta la prima dei non eletti.
Nel Centro-Sud le elezioni vengono fissate per la primavera del 1952 e poiché l’UDI partecipa alla campagna elettorale, sostenendo i partiti di sinistra, Mirella viene trasferita a Perugia e qui conosce il senatore Francesco Alunni Pierucci (che sposerà e con il quale avrà il figlio Donatello).
In Umbria Mirella continua a insegnare fino a settembre del 1979: “Nel buon rapporto che riuscivo ogni volta a stabilire – cambiai gradi di scuole, cambiai paesi – credo avesse il suo peso il mio impegno politico, che mi consentiva di essere aggiornata su argomenti che potevano interessare anche i ragazzi e che comunque mi faceva apparire un po’ fuori della norma”.
Alle elezioni amministrative del 1956 viene eletta nel Consiglio Provinciale di Perugia e le viene affidato l’Assessorato alla Pubblica Istruzione.
Dopo questo impegno, nel 1960, riprende la collaborazione con il quotidiano di Genova Il Lavoro e intensifica la collaborazione con l’Avanti!.
I suoi interessi si focalizzano sempre di più su due temi: la questione femminile e la scuola, che aveva avuto modo di seguire e approfondire nelle due commissioni nazionali del Partito socialista di cui faceva parte. Nel 1985 inizia a collaborare con Patria Indipendente, rivista dell’ANPI, dove affronta temi che, pur avendo origini nell’antifascismo, trovano nell’attualità riferimenti precisi. Oggi il suo impegno continua nelle Associazioni Antifasciste, attraverso la stesura di articoli e la partecipazione a incontri.
Mirella Alloisio è presidente onoraria del Comitato Provinciale dell’A.N.P.I. di Perugia e dell’A.N.P.I. Bonfigli Tomovic di Perugia.
Tra le sue pubblicazioni: Mille volte no: testimonianze di donne della Resistenza, AA.VV., Edizioni UDI, 1965; Mille volte no: dai no di ieri ai no di oggi, con testi di Ferruccio Parri, Editori Riuniti, 1975; La donna nel socialismo italiano, tra cronaca e storia (1892-1978), con la prefazione di Riccardo Lombardi, Edizioni Lerici, 1978; Domani la pillola, in collaborazione con G.B. Fenu, Intermedical Edizioni; Volontarie della libertà. 8 settembre 1943-25 aprile 1945, con Giuliana Gadola, Mazzotta, 1981 – 1985, Lampi di Stampa, 2003; Inseguendo un sogno, Editoriale Umbra, Collana Memorie, 2009.
Inoltre, Mirella Alloisio compare nel documentario Bandite di Alessia Proietti e Giuditta Pellegrini, 2009.
Nel 2021 è stata iscritta all’Albo d’Oro del Comune di Perugia.
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La commissione ha poi proseguito i lavori finalizzati ad aggiornare il regolamento consiliare. Il tema principale è stato quello della costituzione dei gruppi misti e dell’adesione a gruppi misti già esistenti, con particolare riguardo all’individuazione del soggetto competente a fornire l’assenso nel secondo caso. Il dirigente Buchicchio, dopo le osservazioni dei consiglieri, ha richiamato il principio di separazione tra gruppi e partiti, garantito anche dall’art. 67 della Costituzione (divieto di mandato imperativo). La seduta è stata aggiornata con l’invito ai componenti della commissione a presentare ipotesi di revisione del testo normativo vigente in questa materia.




