La III Commissione consiliare permanente Urbanistica, presieduta da Cristiana Casaioli, ha approvato con 7 voti favorevoli (maggioranza) e 5 astenuti (opposizione) l’ordine del giorno presentato dai consiglieri di Fratelli d’Italia Fotinì Giustozzi, Michele Nannarone, Riccardo Mencaglia e Paolo Befani su “Attività economiche del settore alimentare. Riordino delle misure disciplinanti la tutela delle ragioni di pubblico interesse”.
A illustrare l’atto è stata la consigliera Fotinì Giustozzi. L’odg prende spunto da episodi di turbativa della quiete pubblica e di inciviltà, spesso legati anche ad un consumo non consapevole e distorto di bevande alcoliche, che hanno interessato sia il centro storico della città sia aree esterne alla città compatta; tali episodi hanno generato una comprensibile inquietudine nella cittadinanza e determinato l’emanazione, in via d’urgenza, di provvedimenti a carattere restrittivo per ciò che attiene la somministrazione di bevande in talune fasce orarie o di sospensione temporanea delle licenze commerciale a taluni esercizi. “Siamo consapevoli – ha proseguito Giustozzi – che tali tipologie di provvedimenti non possono ritenersi risolutivi. Tale situazione necessita, da parte dell’amministrazione, che siano individuati specifici requisiti di qualità per stabilire regole adatte a promuovere programmi di riqualificazione della rete commerciale, che ben si accompagnino a percorsi di rigenerazione urbana sia in aree di particolare tutela ed interesse storico, sia in quelle ove sono presenti fenomeni di degrado urbano e/o turbativi della sicurezza pubblica”.
La normativa sul commercio – è stato sottolineato – è complessa e ha varie fonti, a partire da quella costituzionale. Alla base, il principio della liberalizzazione. Il d.lgs. n. 59/2010 (“Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno”) richiama i motivi imperativi di interesse generale, criteri con cui i principi di liberalizzazione oggetto della legge devono essere contemperati. Nello specifico, gli stessi sono definiti come ‘ragioni di pubblico interesse, tra i quali l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza stradale, ecc.”.
L’articolo 15 del decreto sopra menzionato, ove sia previsto un regime autorizzatorio, subordina poi le condizioni per il rilascio della certificazione alla sussistenza di particolari condizioni giustificate da “un motivo imperativo di interesse generale”.
Allo stesso modo, le normative prevedono che “per le finalità indicate dall’articolo 52 del Codice dei Beni culturali e del paesaggio, di cui al d.lgs. 42/2004, il Comune, d’intesa con la Regione, sentito il competente Soprintendente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, può adottare deliberazioni volte a delimitare, sentite le associazioni di categoria, zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione – rilasciata a i sensi dell’articolo 15 del d.lgs. n. 59/2010 – l’esercizio di una o più attività (…) individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica, in quanto non compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale”.
La legge regionale n. 10/2014 dell’Umbria (“Testo Unico in materia di Commercio”) individua, secondo il disposto del d.lgs. n. 114/98, quali proprie della Regione le funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento in materia di commercio e di spettanza dei Comuni quelle di esercizio dei compiti e delle funzioni amministrative. Nel dettaglio: “i Comuni, al fine di migliorare la funzionalità e la produttività del sistema dei servizi concernenti le attività commerciali, adottano (..) un atto di programmazione, “in riferimento all’insediamento di tutte le attività commerciali, ivi compresa la somministrazione di alimenti e bevande, tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio territorio” (art. 11, comma 1).
Inoltre i Comuni, nell’ambito del Quadro Strategico di Valorizzazione (QSV) e per le finalità ad esso connesse, possono “disporre il divieto di vendita di determinate merceologie, qualora questa costituisca un contrasto con la tutela di valori artistici, storici o ambientali (art. 11, comma 5, lettera b).
Le normative richiamate, tuttavia, necessitano di un processo di revisione e di aggiornamento. Il Comune di Perugia – sottolinea l’odg – intende perseguire, tra le altre, la finalità di assicurare un adeguato livello di qualità della rete del commercio che sia in grado di rispondere in modo più efficace alle esigenze della popolazione residente, contrastando al contempo i fenomeni di disordine, degrado e contrarietà al decoro connessi alla prevalente diffusione di tipologie di attività che contribuiscono alla creazioni di situazioni non compatibili con il contesto storico, artistico e paesaggistico che contraddistingue la città.
L’odg intende quindi impegnare il sindaco e la giunta “a valutare la modifica e l’adeguamento del Regolamento del commercio su aree pubbliche e del Regolamento per la concessione in uso dei beni demaniali siti nel centro storico destinati ad attività commerciali, artigianali e produttive”; “ad attivarsi per stipulare apposita intesa con la Regione Umbria, la Soprintendenza, la Camera di commercio e le associazioni di categoria, per le deliberazioni di cui all’art. 15 d.lgs. n 59/2010 al fine di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale, il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti”; “a sollecitare la Regione Umbria affinché, alla luce delle nuove e sopravvenute esigenze e della giurisprudenza prodotta, si attivi per una puntuale revisione ed adeguamento delle proprie leggi e regolamenti in materia”.
In merito a ultimo punto, ha ricordato Giustozzi, “sappiamo che la Regione si sta già muovendo su iniziativa della consigliera regionale Paola Fioroni, sottoscritta dal presidente del Consiglio regionale Marco Squarta, in quanto verrà presentato in commissione un testo relativo a modificazioni e integrazioni della legge regionale”.
L’assessore al commercio Clara Pastorelli ha spiegato che “la materia del commercio è disciplinata nel nostro ordinamento giuridico da norme costituzionali e di legge statale o regionale. L’art. 41 della Costituzione fissa fra i principi generali del nostro ordinamento la libertà di iniziativa economica, che non può essere limitata se non per finalità tutelate da altre norme costituzionali o da specifiche leggi statali o regionali attuative dei principi fissati dalla Costituzione stessa. In questo contesto il ruolo del Comune può essere solo quello di intervenire a livello di programmazione o regolamentare in attuazione dei principi fissati dalle leggi e qualsiasi disciplina comunale che superasse i limiti posti dalla Costituzione o da leggi nazionali o regionali risulterebbe illegittima e fonte di responsabilità patrimoniale degli amministratori”.
Ad ogni modo, “la normativa nazionale attraverso disposizioni specifiche (da ultimo, il d.lgs.222/2016) ha consentito di limitare per particolari fini di tutela monumentale, architettonica e di salvaguardia del patrimonio artistico ed ambientale dei centri storici delle città italiane (come è stato fatto ad esempio a Firenze, Genova, Roma, Bergamo, ecc.) le aperture di nuove attività commerciali ritenute non coerenti con l’ambiente urbano delle città d’arte. Questo attraverso l’adozione di particolari protocolli concordati fra Comune, Regione e Soprintendenze, specie per siti specificamente tutelati (come nel caso del centro storico di Firenze, tutelato dall’Unesco quale patrimonio storico dell’umanità): la scelta è stata in generale quella di escludere per il futuro l’apertura nelle aree monumentali delle città di pubblici esercizi o esercizi alimentari che vendessero prodotti non coerenti con la tradizione locale e non tipici del territorio”. In Umbria – ha continuato Pastorelli – la disciplina del commercio (il Testo unico sul commercio, cioè la legge regionale n. 10/2014) affronta in via generale esclusivamente il tema della programmazione delle aperture di grandi strutture di vendita sul territorio. Non è invece specificamente prevista dalla Regione Umbria una programmazione delle aperture di attività commerciali “minori” per fini di tutela del patrimonio culturale, storico e ambientale dei Comuni, né per finalità di tutela dell’ambiente urbano sotto il profilo della prevenzione del degrado, della sicurezza e dell’ordine pubblico.
Pastorelli ha rimarcato che “in questi anni l’amministrazione perugina è stata particolarmente attenta ad affrontare il tema e, in particolare, i problemi lamentati dalla cittadinanza in aree critiche, come il centro storico relativamente alla movida, una questione affrontata con l’imposizione di regole restrittive che limitano l’apertura notturna dei pubblici esercizi, la vendita di bevande alcoliche e disponendo lo svolgimento di controlli continui sulla vendite di bevande alcoliche ai minori. Altro tema difficile è quello dell’area di Fontivegge, dove si assiste all’apertura continua di negozi etnici causa di problemi di ordine, affrontati con controlli congiunti delle forze dell’ordine, della polizia municipale e degli organi di controllo sanitario”. Ancora: “In mancanza di una disciplina regionale che consenta di limitare l’apertura di negozi e attività di questo tipo, comunque, l’amministrazione comunale è costretta ad applicare le leggi che impongono di dar corso alle aperture per non bloccare l’attività economica degli imprenditori”. Pertanto, secondo Pastorelli, “l’ordine del giorno della consigliera Giustozzi si inserisce a pieno in questa riflessione in corso nell’amministrazione essendo diretto a formulare una disciplina attuativa a livello comunale che utilizzi tutti gli strumenti di legge disponibili per orientare le attività economiche e commerciali della città: contestualmente, è stato presentato e risulta in discussione nella commissione consiliare competente, dopo aver acquisito il parere favorevole della Conferenza autonomie locali, il disegno di legge regionale n.1010/2021 a firma della consigliera Fioroni, che mira a integrare nelle norme specifiche relative alla programmazione delle piccole attività commerciali nei Comuni la disciplina del T.U. n. 10/2014 sul commercio. Il testo, come innovato, consentirà ai Comuni di programmare e limitare l’apertura di attività economiche che possano aggravare le criticità rilevate nelle aree con forti problematiche di disagio sociale: in particolare tale intento si evince dall’inserimento fra i criteri che possono guidare la programmazione comunale – art. 4 – quelli della ‘tutela dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano… i motivi imperativi di interesse generali (quali) ragioni di pubblico interesse, la tutela dei consumatori e dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, dell’ordine pubblico, della sicurezza pubblica, dell’incolumità pubblica…, la conservazione del patrimonio storico e artistico…ecc.”. Secondo quanto previsto dall’art. 5, entro 90 giorni dalla entrata in vigore della legge regionale la Giunta regionale adeguerà i propri regolamenti attuativi alle modifiche normative intervenute, che diverranno efficaci dall’adozione dei regolamenti regionali attuativi. Proprio per sollecitare e fornire il proprio apporto alle scelte regionali, il Comune si è attivato in una riunione aperta agli amministratori regionali e comunali competenti e sono stati presi contatti fra gli uffici per condividere il testo del futuro regolamento regionale attuativo.
Il dirigente Roberto Ciccarelli, nel suo intervento, ha proposto di “distinguere la fattispecie del centro storico, con problemi di ordine pubblico nelle ore serali e di movida selvaggia, fenomeni diffusi in tutte le città con forte presenza giovanile, dalla situazione di Fontivegge, con problematiche di disagio sociale e create anche dallo sviluppo urbanistico, per cui servono risposte differenti. Possiamo certo intervenire per la tutela del centro storico, e fare una programmazione che limiti le tipologie di esercizi che si possono aprire per questioni di decoro dell’area storica e monumentale. Ciò, ovviamente, non eviterebbe problemi di ordine pubblico alle una di notte, che non si eliminano se non con risposte di ordine pubblico, e non con una programmazione commerciale. Per Fontivegge la situazione è diversa: si verificano episodi in prossimità di negozi e attività commerciali di un certo tipo, come negozi etnici e di alcolici, che attirano persone domiciliate in zona. Quando arriveranno le disposizioni regionali attuative, ci potranno essere limitazioni per questi tipi di negozi.
Hanno quindi preso la parola gli ospiti invitati, Sergio Mercuri, presidente di Confcommercio Perugia, e Leonardo Panfili, della segreteria del mandamento di Perugia dell’associazione di categoria. “Siamo pienamente d’accordo sul contenuto dell’odg”, ha dichiarato Mercuri. “Ci sembra giusto che la qualità dell’offerta commerciale sia allargata fino a Fontivegge, anche se certi punti, a livello tecnico, si potrebbero spiegare meglio. Abbiamo una città da proteggere innalzando la qualità”. Panfili ha confermato: “Siamo disponibili a collaborare a questo ambizioso progetto di una programmazione commerciale che, tra l’altro, chiediamo da tantissimi anni. Il percorso dovrebbe fare riferimento anche alle attività abusive all’interno delle mura urbiche e al problema di Fontivegge. Il dirigente Ciccarelli dice che sono problemi di natura diversa, ma lo strumento per risolverli potrebbe essere lo stesso”.
Ad aprire il dibattito dei commissari, Erika Borghesi (Pd): “L’odg è datato 6 luglio 2021. Come vice presidente del Cal, ricordo che il Cal si è espresso ad agosto sulla proposta di legge della consigliera regionale Fioroni. Allora mi sono astenuta soprattutto perché il Cal dà un giudizio preventivo; visto che poi la proposta passa alla competente commissione regionale, dissi che per me era fondamentale il giudizio delle associazioni di categoria. Abbiamo messo questo alla base di qualsiasi confronto. L’iter in commissione regionale è avviato. Poi sarà adottato un regolamento attuativo. A quel punto i Comuni modificheranno i propri regolamenti. L’odg, però, chiede ora di adeguare il regolamento comunale del commercio e mi pare prematuro alla luce di quanto sta avvenendo. L’odg chiede anche di ‘sollecitare la Regione’, ma tale ente sta già operando. Ritengo quindi che l’atto sia un po’ superato”.
Il consigliere Fabrizio Croce (Idee persone Perugia), dal canto suo, si è detto favorevole “al riordino normativo della materia. Tuttavia, se i regolamenti possono fare molto, molto di più possono fare i comportamenti. Si assiste da qualche tempo a questa parte a una certa anarchia da parte di soggetti che esercitano certe attività perché manca un controllo. Al contempo ci sono esercenti che chiedono di autodisciplinarsi, pur mantenendo inalterato il livello dei diritti che a loro competono. Accanto al tema del riordino regolamenti, è importante stipulare un patto con coloro che svolgono attività in certi ambiti cittadini. Ricordo che un anno e mezzo fa fu approvato un odg che mirava a una sorta di patto con gli esercenti del settore della somministrazione rivolto alla riduzione dell’abbandono dei rifiuti”.
Francesco Vignaroli (Progetto Perugia): “Il tema della qualità dell’offerta commerciale in centro storico è rilevante. Non ha a che fare solo con una questione di rispetto della storia e dei valori estetici della città. La coscienza della bellezza di Perugia va certo coltivata perché ancora manca. Ma anche la qualità dell’accoglienza turistica dipende dalla proposta commerciale. Quindi, se tale proposta è qualificata, il centro storico è in grado di produrre ricchezza in tutta la città”.
“Dobbiamo programmare e valutare la città nel suo insieme – ha detto invece Maria Cristina Morbello (M5s) -. Non è sufficiente pensare al solo centro storico di Perugia. Il primo punto di accoglienza è Fontivegge, l’area della stazione. Chiedo di ascoltare associazioni come Progetto Fontivegge, che hanno a cuore la propria zona e segnalano criticità”.
Ha preso la parola anche la presidente Cristiana Casaioli: “I centri storici hanno perso appeal commerciale a vantaggio di realtà nate al di fuori degli stessi. Ciò ha portato al conseguente svuotamento di immobili con destinazione commerciale. Il nostro centro di recente si è popolato sempre più di attività che somministrano alimenti e bevande. Croce ha ragione: se avessimo titolari di esercizi commerciali più attenti alle regole avremmo meno problemi. Per ridefinire l’immagine dell’acropoli, però, servono regole. I patti con gli esercenti potrebbero anche non funzionare. Bene, quindi, questo odg, che arriva nel momento giusto, quando anche a livello regionale si va nella stessa direzione”.
Giustozzi ha poi risposto a Borghesi: “L’odg non è datato. Sono contenta che la Regione stia lavorando a braccetto con il Comune e avvalendosi anche dei suoi suggerimenti. Concordo con Croce che sia necessario lavorare anche sulla mentalità delle persone”.