Riceviamo e pubblichiamo:
“Nel corso della seduta del Consiglio comunale dello scorso lunedì 27 novembre, ricorda in una nota il consigliere del Gruppo Misto Nicola Volpi, abbiamo affrontato il tema della sanità in Umbria in occasione del dibattito sull’odg presentato dai colleghi del Partito Democratico su “Liste d’attesa per prestazioni sanitarie in favore dei pazienti di età superiore ai sessantacinque anni”.
Come ho avuto modo di sostenere più volte nel corso degli ultimi mesi, quello delle liste d’attesa rappresenta un problema che accomuna tutte le città italiane, non soltanto quelle della nostra regione. La motivazione è presto detta, perché collegata strettamente ad un dato di fatto, ossia la carenza di personale sanitario, non ultimo quelle infermieristico. I numeri, in tal senso, parlano chiaro: attualmente mancano all’appello in Italia ben 65mila infermieri, ma con prospettive nel medio termine ancor più negative. Nei prossimi 8 anni, infatti, (dati OCSE) usciranno dal lavoro per pensionamento circa 100mila unità, la cui sostituzione non potrà essere minimamente garantita visto che ad oggi gli iscritti alla laurea in Infermieristiche sono, nel nostro Paese, di circa 18 mila. A tutto questo va aggiunto che per dare gambe al PNRR si stima che il nostro SSN abbia bisogno dai 20 ai 30 mila infermieri. E’ evidente, quindi, che siamo di fronte ad un’emergenza numerica, per superare la quale servono investimenti seri e mirati per incentivare la scelta delle professioni sanitarie da parte dei giovani. Oggi in tanti, troppi, preferiscono emigrare all’estero dove possono lavorare in condizioni migliori sia dal punto di vista tecnico e fisico che, soprattutto, economico.
Detto ciò, in Umbria emerge anche un altro aspetto che, nella valutazione complessiva della partita legata alla sanità, va assolutamente considerato. Perugia ed il suo comprensorio (Corciano e Torgiano) ha un bacino di utenza enorme (circa 200mila residenti) rispetto alle altre città medio-grandi della regione, tutte dotate come il Capoluogo di strutture ospedaliere. Ciò determina l’impossibilità da parte delle strutture sanitarie pubbliche ubicate a Perugia di poter fornire risposte esaustive a fronte di una domanda così ingente. Diventa allora inevitabile che parte dell’utenza si trasferisca in altre aree della regione, superando il duopolio culturale Perugia-Terni, per accedere alle prestazioni sanitarie: si tratta di un pendolarismo naturale che rientra nel gioco dei numeri.
Infine un’ultima riflessione va sviluppata su un altro tema che può fare la differenza in sanità, ossia il fascicolo sanitario elettronico, progetto già avviato da tempo ma che occorre implementare ulteriormente. Si tratta infatti di un sistema che consente al cittadino (e quindi agli operatori sanitari autorizzati) di accedere telematicamente alla propria documentazione sanitaria che rimane in tempo reale a disposizione eliminando quella cartacea.
Un’iniziativa che può contribuire a tagliare radicalmente i tempi di attesa.
In conclusione credo di poter dire che in Umbria in questi ultimi anni si sia fatto molto per la sanità pur in tempi complessi e difficili come quelli in cui stiamo vivendo. Per effettuare un cambio di passo serve ora investire a livello nazionale sulle professioni sanitarie intercettando l’interesse dei giovani verso di esse onde rispondere concretamente alle esigenze del mercato.