Nella giornata della memoria – sottolinea il vice sindaco Gianluca Tuteri – il mio pensiero va rivolto sentitamente e doverosamente a tutte le vittime della crudeltà perpetrata dalle forze naziste ed, in particolare, ai bambini uccisi, inconsapevoli vittime di indicibili atrocità fisiche nonché ai sopravvissuti, oggetto di violenze psicologiche devastanti e indelebili.
C’è una parola in tedesco che racconta questa storia: “ausmerzen”, letteralmente “che va fatto a marzo”, ma anche sopprimere.
Ha un suono gentile, di terra. È una parola usata dai pastori che indica qualcosa che va fatto in quel mese: a marzo pecore e agnelli troppo lenti, prima della transumanza, vanno soppressi per non rallentare e mettere a rischio il resto del branco. Tra il 1939 e il 1945, in Germania, si applicò la stessa politica per tutti quelli che non stavano dentro i parametri. Tutti coloro che rallentavano la marcia dovevano essere soppressi “per non rallentare la marcia”.
Lo si fece attraverso l’operazione “Aktion T4”: dal 1939 al 1941 l’Ente pubblico per la Salute e l’Assistenza Sociale studiò e attuò il programma nazista di eugenetica per la soppressione di massa di malati di mente o di persone affette da malattie genetiche, considerate “vite indegne di essere vissute”. Per superare negli anni ‘30 la profonda crisi economica si scelse di risparmiare in sanità sulla pelle di persone considerate “improduttive”: lo Stato non doveva spendere per le “vite indegne” soldi utilizzabili per la gente “normale”? Già nel 1933 aveva quindi preso il via la campagna di sterilizzazione di massa su circa duecentomila malati di mente”, ma fu nel 1939 che si passò alle cosiddette “uccisioni pietose”, partendo da un bambino nato con malformazioni. Le segnalazioni dei casi sospetti al Dipartimento di Sanità del Ministero degli Interni dovevano essere effettuate da ostetriche e pediatri. I genitori dei bambini venivano tranquillizzati spiegando loro che i figli malati venivano spostati in sezioni pediatriche “speciali”, dove avrebbero ricevuto “cure innovative”. Invece, dopo un passaggio in questi centri intermedi, i bambini venivano trasferiti altrove per essere uccisi mediante iniezioni letali, coperte nei certificati con normali “decessi per polmonite” o “per arresto cardiaco”. Perché questa strage, che poi si è estesa anche agli adulti, è sempre rimasta sconosciuta ai più? Forse perché non aggiungeva molto ai milioni di vittime dell’Olocausto e al giudizio della storia sul nazismo e la dittatura hitleriana, o piuttosto per un tentativo di “auto-assoluzione preventiva”?
Sono fatti su cui le nostre coscienze devono interrogarsi.
L’operazione “Aktion T4” non era portata avanti dalle sadiche SS o dagli spietati gerarchi hitleriani, ma da “brava gente”, professionisti, medici di famiglia, infermieri, pediatri.
Al processo di Norimberga questi medici e funzionari non hanno subito pene esemplari, perché – scrissero i giudici – “le sentenze ci impediscono di pensarli come criminali appartenenti a un’altra galassia e ci è più facile vederli come brava gente”.
Tutta la vicenda, tragica e terribile, pone un’altra riflessione.
“I periodi di crisi economica fanno mutare i parametri e creano l’occasione perché certe idee possano trovare cittadinanza, tolleranza. Idee che dovrebbero, invece, essere messe al bando assieme a chi le propugna. È come se la crisi producesse un abbassamento dell’attenzione delle coscienze, un imbarbarimento degli animi. Ed allora il monito che la “giornata della memoria” impone oggi a noi politici é di non abbassare mai la guardia in un momento di crisi sociale ed economica”.
Un pensiero speciale – continua Gianluca Tuteri – va rivolto nel Giorno della Memoria all’eroica figura di Janusz Korczak, un pediatra ebreo che abbandonò una brillante carriera medica perché giunse a considerare limitante doversi occupare solo della patologia in quanto riteneva che benessere, crescita e stato di salute di un bambino dovessero essere considerate un’unica realtà inscindibile. Fondò a Varsavia la casa dell’orfano. Quando nel 1942 arrivò l’ordine di deportazione, l’orfanotrofio ospitava 203 bambini. Per lui, stante la sua celebrità era pronto un salvacondotto che rifiutò rimanendo con i piccoli. Pur di non spaventarli, fece preparare i bambini con gli abiti migliori, gli diede la merenda come se andassero in gita. Uscì nel piazzale antistante l’orfanotrofio, oramai pieno di SS con cani ringhianti al guinzaglio, dando ordini secchi alle guardie di allontanare gli animali perché spaventavano i bambini
Poi in fila ordinata tutti attraversarono il ghetto di Varsavia, salirono sul treno per andare a Treblinka dove il 6 agosto 1942 si spensero le loro vite.
“Avendo parlato di bambini, infine – conclude il vice sindaco – non si possono non citare due “amiche” della città di Perugia, ossia Tatiana (all’anagrafe Liliana) ed Andra (Alessandra) Bucci, le due sorelle fiumane di origine ebraica, all’epoca di 4 e 6 anni, tra i pochissimi bambini sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz. Proprio a loro, simbolo di tutti i bambini violati, la nostra città Perugia ha dedicato un bellissimo evento nel 2019, con la proiezione in sala dei Notari del cartone animato dal titolo “La stella di Andra e Tati”, che narra proprio la vicenda delle sorelle Bucci. Oggi come allora il nostro pensiero va anche ad Andra e Tati”.