Venerdì 9 luglio, nel primo di una serie di incontri programmati a latere della mostra Charun demonio e l’immaginario mitologico dantesco, Maria Angela Turchetti, direttrice del MANU, ha illustrato la figura della Sfinge, resa immortale dal mito di Edipo. Con lei, Lorenzo Calafiore, dottorando in Lettere classiche all’Università degli Studi di Perugia e Elena Frittelli, tra i vincitori del concorso d’arte “Romeo Gallenga Stuart” con un’opera dedicata proprio alla Sfinge.
La Sfinge per gli antichi era un mostro, un essere femminile ibrido, con corpo di leone, volto di donna e ali di uccello, che terrorizzava la città di Tebe con un celebre indovinello: “Qual è quell’animale che prima ha quattro zampe, poi due e poi tre?”. La risposta è l’uomo, che nel primo anno dalla nascita gattona, per gran parte della vita cammina su due gambe, mentre in vecchiaia è costretto ad aiutarsi con un bastone. A risolvere l’enigma e a liberare i tebani dal mostro sarà Edipo, che però preparerà così la sua rovina.
Il mito ha acquistato una fama immortale, tanto da giungere fino all’epoca di Dante, in piena età medioevale, e ad entrare nel testo della Divina Commedia.
Il dialogo si è mosso tra le pieghe del mito della Sfinge e del testo di Dante, tra mondo antico e Medioevo, tra archeologia, letteratura e arti figurative a testimonianza di come i profondi significati emotivi racchiusi nelle figure mitologiche siano ancora capaci di esercitare fascino e attrazione nell’immaginario collettivo contemporaneo.