Nella seduta del 20 gennaio della I commissione Affari istituzionali, presieduta da Michele Nannarone, sono state illustrate due pratiche.
In apertura, la proposta di deliberazione consiliare avanzata dal consigliere Francesco Zuccherini del gruppo Partito Democratico e dalla consigliera Francesca Renda del gruppo Tesei Presidente per l’Umbria per la modifica del regolamento comunale per le occupazioni di spazi e aree pubbliche e per l’applicazione della relativa tassa.
Il regolamento – ha ricordato Zuccherini presentando l’atto – prevede che sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e comunque sui beni appartenenti al demanio e patrimonio indisponibile del Comune. La tassa viene applicata oltretutto alle occupazioni realizzate su tratti di aree private sulle quali risulta costituita la servitù di pubblico passaggio. In assenza del titolo costitutivo, l’occupazione di un’area privata soggetta a pubblico passaggio è tassabile quando vi sia stata la volontaria messa a disposizione della collettività dell’area da parte del proprietario in favore della collettività.
Il regolamento disciplina, in particolare, le tariffe da applicare, la disciplina degli atti abilitativi, le denunce e i versamenti e la gestione del tributo. Il regolamento prevede altresì alcune esenzioni ed esclusioni alla tassa stessa, previste in particolar modo dall’articolo 3 bis.
I proponenti intendono integrare proprio tale disposizione.
In virtù della diffusa e ampia attività portata avanti dalle varie associazioni territoriali e di volontariato all’interno del Comune di Perugia – notano infatti Zuccherini e Renda – le medesime associazioni sono obbligate, nelle iniziative da loro svolte in spazi pubblici e nei luoghi previsti dal regolamento, a versare al Comune la tassa di occupazione del suolo pubblico. Questa tassa pesa notevolmente sui bilanci delle stesse associazioni e può risultare un deterrente nell’organizzare eventi e iniziative nei tanti territori della città. Per agevolare, invece, l’organizzazione di tali attività, i proponenti reputano opportuno ampliare la platea delle esenzioni prevedendola anche per le associazioni di volontariato e del terzo settore.
Nello specifico, si chiede quindi di inserire all’art. 3 bis lettera A) del regolamento comunale per le occupazioni di spazi ed aree pubbliche e per l’applicazione della relativa tassa, la lettera i) con la dicitura che segue:
- Le occupazioni effettuate dalle associazioni del terzo settore e di volontariato che ne facciano formale richiesta, nello svolgimento delle proprie attività ed iniziative, che non abbiano finalità commerciali e comunque senza scopo di lucro.
Zuccherini ha anche notato che, dopo la riforma del Terzo settore, si stanno creando associazioni “non riconosciute”. Pertanto si potrebbe valutare se includerle nella nuova formulazione della disposizione. Trattandosi di una proposta di modifica di un regolamento, si attenderanno comunque i necessari pareri tecnici.
Renda ha sottolineato che l’intento è supportare le associazioni del terzo settore che svolgono un’attività fondamentale per il tessuto sociale e che, peraltro, non hanno strumenti per fronteggiare una difficile congiuntura economica.
Gabriele Giottoli, assessore alla Partecipazione del cittadino, sentito in commissione, ha ricordato gli eventi estivi e di dicembre che hanno coinvolto diversi quartieri e che non hanno comportato il pagamento della tassa in quanto organizzati dal Comune. Al di fuori di questi casi, secondo Giottoli si assiste a una situazione paradossale: da un lato, gli assessorati danno contributi per lo svolgimento di attività e, dall’altro, le associazioni che le mettono in campo si trovano a pagare il suolo pubblico. Il contributo determina per le realtà associative anche complicazioni connesse alla rendicontazione. Secondo l’assessore, è quindi opportuno valutare una modifica normativa a favore di associazioni che svolgono realmente attività aggregative e di quartiere, e non certo di natura commerciale.
Fabrizio Croce (Idee Persone Perugia) ha chiesto di invitare in audizione un rappresentante del tavolo delle associazioni del centro storico visto che l’argomento è stato all’ordine del giorno dello stesso sin dal 2014.
Cristiana Casaioli (Progetto Perugia) ha chiesto di chiarire se le associazioni del terzo settore siano già esonerate per legge, mentre ha sostenuto che l’allargamento dell’esenzione alle associazioni non riconosciute appare difficile.
Nella prossima seduta si proseguirà con gli approfondimenti.
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La commissione Affari istituzionali ha quindi trattato anche l’ordine del giorno presentato dal consigliere Fabrizio Croce del gruppo Idee Persone Perugia e dalla consigliera Francesca Tizi del gruppo Movimento 5 Stelle: “Autonomia differenziata tra Regioni”.
Di seguito il testo dell’atto.
Alcune regioni italiane a partire dal 2019 (Lombardia Veneto ed Emilia Romagna) hanno richiesto il regime di “devoluzione” su diverse materie, di interesse anche nazionale, tra quelle indicate nell’art. 117 della Costituzione.
L’art. 116, comma 3, della stessa Costituzione ammette il trasferimento a singole regioni che lo richiedano di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie indicate nell’art. 117”.
La richiesta, frutto di una interpretazione molto estensiva del citato articolo 116, a parere di molti addetti ai lavori, rischia di stravolgere in modo inammissibile lo stesso art. 117 e di violare i principi posti negli artt. 5 e 119 della Carta.
Nel mese di novembre 2022 è stato presentato dal ministro Calderoli un disegno di legge sull’attuazione dell’autonomia differenziata che presenta alcune caratteristiche che potrebbero suffragare il timore di uno stravolgimento dello spirito costituzionale. In particolare:
- a) al Parlamento è riservato un ruolo solo notarile senza possibilità di intervenire nel processo di formazione delle intese, dal momento che la Commissione bicamerale per le questioni regionali può esprime un parere non vincolante e solo eventuale, mentre l’aula è chiamata a una “mera approvazione”, non potendo entrare nel merito dell’intesa;
- b) allo Stato vengono sottratte alcune competenze legislative e amministrative, tra cui quella sulla disciplina dei principi generali regolanti le singole materie, così alterando in modo inammissibile l’impianto del citato art. 117, che non prevede materie di esclusiva competenza regionale.
- c) l’intesa tra Stato e Regione sarebbe modificabile solamente se quest’ultima fosse d’accordo;
- d) l’intesa sarebbe approvata anche senza la preventiva definizione legislativa di livello essenziale delle prestazioni, costi, fabbisogni standard e perequazione strutturale;
- e) il finanziamento del regime di autonomia avverrebbe in una prima fase utilizzando il criterio della spesa storica (la stessa che perpetua le attuali diseguaglianze tra territori), nell’ambito di un regime transitorio che non si sa come e quando avrà fine;
- f) con la clausola di invarianza per la finanza pubblica (introdotta all’art. 7 del DDL) se una regione avrà più risorse per le maggiori funzioni assunte, è presumibile che altre regioni ne avranno meno;
- g) risultano devolvibili anche materie di primario rilievo nazionale, come, ad esempio, scuola, sanità, infrastrutture strategiche, ambiente, lavoro, beni culturali, norme generali sull’istruzione, produzione e distribuzione nazionale dell’energia.
I proponenti richiamano l’opinione diffusa secondo cui se questa scelta di devoluzione si realizzasse, a scapito del rafforzamento delle autonomie locali, sarebbe colpita a morte l’unità giuridica ed economica della Repubblica (art. 2, 3 e 5 della Costituzione) con enormi complicazioni nel governo delle singole materie, in danno dell’uguaglianza dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni. Si nota, inoltre, che nessuna delle tre regioni richiedenti ha mai spiegato, dimostrandone la fondatezza, le ragioni per le quali sarebbe utile e giusto trasferire quelle materie alla competenza regionale; con la creazione del sistema delle Regioni fu reso implicito un rapporto di relazione e interdipendenza tra tutti i territori italiani tale per cui il sistema paese cresce o arretra assieme; molte Regioni e moltissimi sindaci, tra cui quelli di Bari, Napoli e Bologna, hanno già manifestato contrarietà alle richieste ex art.116 della Costituzione da parte delle tre regioni.
I consiglieri ricordano in particolare che il “Coordinamento per la Democrazia Costituzionale” ha lanciato su scala nazionale un “Disegno di legge di iniziativa popolare” per la modifica degli artt. 116 e 117 della Costituzione, a sostegno del quale ha avviato una raccolta firme che si chiuderà nell’aprile 2023. Il documento persegue questi obiettivi:
- a) ogni futuro disegno di legge attuativo della “autonomia differenziata” segua la via ordinaria dell’invio alle Camere, garantendo un approfondito dibattito pubblico nel Paese (esteso anche alle forze sociali ed agli addetti ai lavori) su scelte che potrebbero determinare conseguenze potenzialmente irreversibili a livello istituzionale, economico e sociale;
- b) il Parlamento mantenga un ruolo centrale anche nella valutazione di merito delle eventuali intese tra Stato e Regioni;
- c) prima di ogni eventuale intesa vengano obbligatoriamente definiti con le singole regioni livelli essenziali delle prestazioni, costi, fabbisogni standard e fondi perequativi, utili a stabilire le risorse necessarie a finanziare le prestazioni sulla base del principio di uguaglianza, vietando, per contro, regimi transitori coordinati da organismi privi di legittimazione politica;
- d) ogni eventuale trasferimento di materie avvenga nel rispetto dei principi di solidarietà e unità nazionale, garantendo maggiori risorse a quei territori in cui permangono “gap” infrastrutturali, economici e sociali col resto dell’Italia;
- e) l’eventuale processo di devoluzione avvenga nel rispetto del principio di sussidiarietà nell’esercizio delle funzioni amministrative e non si traduca in un accentramento regionale in danno delle autonomie locali;
- f) il riconoscimento di ulteriori e particolari forme di autonomia trovi fondamento in specifiche e dimostrate esigenze della Regione richiedente, compatibili con l’unità della Repubblica e col principio di uguaglianza.
L’ordine del giorno, pertanto, prevede i seguenti impegni per sindaco e giunta:
-sollecitare la Regione Umbria e i parlamentari umbri a fare pressioni sul governo affinché, non appena completata la raccolta firme, sia portato rapidamente alla discussione in Senato il disegno di legge di iniziativa popolare;
-a farsi promotore presso l’Anci di una iniziativa di sensibilizzazione e, se necessario, di mobilitazione dei Comuni a sostegno delle ragioni dell’unità della Repubblica e del principio di uguaglianza, di fronte a spinte autonomistiche non basate su fondamenti di diritto rintracciabili nella Costituzione italiana.
Tizi ha spiegato che l’odg è stato presentato per due ragioni. Anzitutto, affinché il Consiglio comunale possa parlare di un tema assai rilevante che nei prossimi mesi sarà al centro del dibattito nazionale e che avrà incidenza anche a livello locale. C’è poi un intento politico specifico: sostenere il ddl di iniziativa popolare per la modifica degli artt. 116 e 117 della Costituzione. Il fine – ha precisato Tizi – in tal caso non è cancellare l’autonomia differenziata, ma modificare l’art. 116 in un’ottica di unità e indivisibilità della Repubblica. La consigliera ha citato una frase del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (“Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive”) sottolineando che attribuire ad alcune Regioni la competenza legislativa esclusiva in materie importanti, come istruzione e sanità, può incidere pesantemente sulla vita di tutti e far perdere la possibilità di essere cittadini con uguali diritti.
Croce ha aggiunto che l’odg non costituisce un’iniziativa isolata ed estemporanea perché molti consigli comunali si sono già attivati sul tema.
I proponenti hanno infine annunciato un convegno di approfondimento, con l’intervento di esperti della materia, che si terrà sabato 18 febbraio alla sala dei Notari per aprire la discussione a tutta la cittadinanza.
I lavori della commissione riprenderanno successivamente a tale incontro.